Lo specchio di Cassandra




 




La leggenda narra che il Dio Apollo era innamorato di Cassandra, figlia di Priamo ed Ecuba. Egli aveva promesso d'insegnarle a indovinare il futuro, se ella avesse acconsentito a concedersi a lui. Cassandra accettò lo scambio, e ricevette le lezioni del dio; ma, una volta istruita, si sotrasse a lui. Allora Apollo le sputò in bocca, ritirandole non il dono della profezia, ma quello della persuasione. Pierre Grimal Enciclopedia dei miti - Ed. Garzanti






In una raccolta di massime di Nicolas de Chamford, raffinato scrittore francese del settecento, si legge: 'La miglior filosofia consiste nel giudicare il mondo conciliando un gaio sarcasmo con un disprezzo indulgente'.
Adoro questi aforismi, questi motti sentenziosi: ve ne sono alcuni che, addirittura, con la loro breve incisività, sanno pacatamente, ma immediatamente suggerire quiddità ineffabili; fascinosi compendi costruiti con affermazioni così vere da essere ritenute banali e impregnati da sfumate ironie che riescono a significare ciò che non si è mai saputo esprimere.
Ecco voglio iniziare così (e nel tempo probabilmente emergerà anche il perchè) questa rubrica che, a Dio piacendo, vi terrà un po' di compagnia incastonata fra le raffinate pagine di Gammadelta. Fortemente voluta dalla direzione editoriale, dovrebbe parlare di Musica e di cultura o forse, più verosimilmente, di cultura dell'ascolto.
Non so cosa uscirà dalla vecchia cara stilografica e, in un certo senso, non voglio neanche più di tanto pensarci. In cinquant'anni di attività nel campo della riproduzione musicale si sono accumulati sterminati paesaggi di situazioni, accadimenti, personaggi e probabilmente anche per me ogni volta sarà nuova sorpresa, constatando ciò che è emerso dall'informe impasto magmatico della memoria. Un po' a ruota libera e un po' caparbiamente incidendo, un po' ricordando, e un po' sfumando nel dimenticabile, percorreremo strade lastricate di ascolti in questa 'città della riproduzione musicale' costellata di variegata umanità: un po' da amare e un po' da disprezzare.
è difficile tracciare uno schema; solo i 'tecnici' probabilmente ossessionati da un generico horror vaqui, sanno aggrapparsi alle loro formulette e, diffidando della propria percezione, possono tracciare sicuri canali nei quali far scorrere formulazioni e certezze.
Io brancolerò nelle penombre e, ogni tanto, indirizzato da improvvisi bagliori, seguirò con grande sincerità e immediatezza (questo si che posso indiscutibilmente giurarvelo!) il filo dell'emozione, approdando talvolta alle serene lagune degli ascolti felici; dove tutto svapora per far emergere quel sottile piacere, quella intrigante soddisfazione, quel rilassato smemoramento che indiscutibilmente ripagano di ogni fatica e di ogni sacrificio. Io sono intimamente convinto che non vi sia umana sofferenza che non possa essere lenita dal possente e delicato volo della Musica. Chi per tanti anni ha letto i miei articoli sa quanto io disprezzi le presuntuose certezze, le caparbie sicurezze di chi vede nell'oggi dimostrabile l'unica, inequivocabile realtà.
Così non vi proporrò mai nessuna tecnica della riproduzione musicale, ma vi parlerò sempre e solo di 'arte del riprodurre', come si parla di arte culinaria o di arte fotografica. Nessuno si reca in una Galleria per vedere una mostra di perfette foto industriali; si va per assaporare fotografie d'autore, magari in bianco e nero o addirittura un po' sfocate, ma capaci di comunicare emozione e coinvolgimento. Questa è per me l'essenza del 'gioco' della riproduzione musicale: nessuna tensione all'altà fedeltà nella impossibile ripetizione dell'evento originale, ma costante rivisitazione, evento permanentemente nuovo nell'alta personalità, nell'alta comunicazione, nell'alta emozione, in tutto quello che volete, basta che sia legato alla qualità e non alla quantità. E la qualità è, per definizione, non misurabile, ma solo assaporabile, solo vivibile.
Quindi quando si parla di una catena in grado di restituire la qualità della musica si deve sapere che nessuna argomentazione tecnica è possibile, se non per tutta la parte bassa e preliminare che, programmaticamente, abbiamo già esclusa dai nostri interessi. Ovviamente, come amo spesso ripetere, bisogna sempre fare i conti con l'Enel per avere l'energia necessaria, ma onestamente non vedo cosa possa avere a che spartire l'Enel con la musica.
Forse bisognerebbe parlare un po' del necessario e del necessario ma non sufficiente per precisare che, nell'approccio con ciò che è fruizione umana, tutta la parte tecnica è sempre sicuramente necessaria, ma si da il caso che non sia mai sufficiente. Solo argomentazioni culturali quindi, ma faremo sicuramente anche qualche excursus in ambiti apparentemente tecnici e sarà solo per evidenziarne limitatezze e presunzioni. Forse ci leveremo qualche sassolino dalla scarpa affrontando la querelle sui cavi. Ho ripescato vecchi articoli intrisi di spocchiosa saccenza ove si ridicolizza l'importanza dei collegamenti sostenendo che uno vale l'altro ed è da truffatori far credere che si possa migliorare il risultato 'giocando con i cavi'. A molti anni di distanza quegli articoli fanno molta malinconia, ed ancor oggi, con riviste di settore che 'osano' pagine di copertina con cavi in bella mostra è veramente patetico constatare come 'si vorrebbe dire e spiegare' e invece, non avendo la mentalità e la libertà per una metodica culturalmente attrezzata, si finisce con il non dire rigorosamente nulla e spiegare ancora meno. Affronteremo l'affascinante argomento delle microdifferenze che non determinano microeffetti, ma al contrario possono addirittura generare contrapposti: gioia o noia, accettazione o rifiuto, piacere o indifferenza. Come per chi attraversa un passaggio a livello rimasto erroneamente aperto: un secondo prima è vivo, un secondo dopo è morto.
Cercheremo, con molta umiltà, solamente all'interno di noi stessi, le correlazioni al variare degli interfacciameti, considerando sempre l'indissolubile unitarietà del risultato e scaveremo, per quanto sarà possibile, nella percezione e nella soggettività perchè, come tanti anni fa ebbi modo di scrivere, è solo il soggetto a conoscere! Parleremo, insomma, come in un vecchio salotto, girando possibilmente attorno a temi culturali, mantenendo però la ferma convinzione che cultura vuol dire fondamentalmente consapevolezza dei bisogni più profondi dell'essere umano. Il tema quindi è assai impegnativo e spero di non dare l'impressione di essere velleitario nell'affrontare così ponderosi argomenti, ma, alla mia età, è bello tuffarsi nella corrente con una fresca incoscienza ed una sottile voglia di provocare il confronto e la critica. Sarò orgoglioso di ricevere qualunque tipo di commenti: è piacere profondo riuscire a stimolare le verifiche andando a scuotere certezze che riposano su risposte forse passate troppo frettolosamente in giudicato. In fin dei conti, però, non si tratterà di dissertare su nulla di nuovo, ma solo cercare di ripercorrere vecchi sentieri con occhio più lento e più attento. Avendone la forza e la statura si potrebbe, imitando magari un po' goffamente il viaggio Dantesco, cercare la strada per discendere negli inferi delle nostre presunzioni, dei nostri pregiudizi, dei nostri preconcetti, per poi scalare la montagna del purgatorio della 'pulitura dello specchio interiore', per poter infine farci dire come il sommo Poeta fa esclamare a Virgilio:

Ma riuscite ad immaginare come tutto sarebbe più semplice? Sarebbero cancellate ogni discussione, ogni dissertazione, ogni lavorio mentale!
Si tratterebbe solo di sedersi con calma e comodità davanti all'impianto e ascoltare:
'lo piacer vostro' sarebbe l'unico, inappellabile giudice.

Lorenzo Zen