Il software di riferimento




 










When i look in your eyes
In pochi anni di carriera la cantante e pianista canadese Diana Krall è diventata una vera superstar del jazz più elegante e patinato. Scoperta dal mitico produttore Tommi Lipuma (lo stesso di George Benson, Al Jarreau, Chaka Khan, Michael Franks, ecc.), ha preso nella scena internazionale il posto che fu delle grandi signore del jazz, anche se il suo modo di interpretare gli standard non può di certo eguagliare cantanti come Billie Holiday, Ella Fitzgerald o Sarah Vaughan. Paragoni scomodi a parte (in fondo qualsiasi nuova interprete risulterà alle nostre orecchie perdente se confrontata con simili giganti del vocal jazz), la Krall sin dal suo esordio è riuscita a combinare alla perfezione un'immagine sofisticata a uno stile rigoroso, adottando un linguaggio a cui - gusti a parte - è difficile trovare difetti. Ogni suo album è un concentrato di arrangiamenti super lusso grazie a musicisti stellari e alla produzione di un grande come Lipoma, e questo del 1998 è certamente uno di quelli che meglio rappresentano l'artista.
Una manciata di standard del passato riproposti con manierismo classico (strepitosi gli archi arrangiati da Johnny Mandel) ma sempre moderni (o forse intramontabili?).
In un contesto così alto non è difficile aspettarsi una registrazione di qualità, anche perchè l'ingegnere del suono, Al Schmitt, è a sua volta una leggenda in materia e, guarda caso, proprio con questo disco vinse il Grammy per la categoria 'Best engineered album - non classical' (la Krall lo vinse per lo stesso disco anche nella categoria 'Best Jazz vocal album'). Schmitt è anche responsabile del mix surround 5.1 che consente di mettere le due tecniche a confronto, SACD e DVD Audio. In effetti all'ascolto delle tracce ad alta risoluzione, il mix surround è identico e così anche l'impostazione sonora; tuttavia, dopo ripetuti paragoni, devo riconoscere che il SACD risulta forse più gradevole e naturale. Stranamente il livello del volume è più elevato nel DVD Audio rispetto al SACD e questo può inizialmente trarre in inganno. Il SACD appare un po' più morbido e definito, anche se può trattarsi di impressioni soggettive. Merito forse del sistema DSD? Non saprei sinceramente dare una risposta e mi aspetto magari qualche impressione da parte dei nostri lettori. Un disco, comunque, molto piacevole e davvero molto ben realizzato tecnicamente, con un'avvolgenza dei suoni che definirei 'vellutata'.
Si tratta di un caso davvero speciale dal momento che sono pochi i dischi pubblicati in entrambi i sistemi. Sarebbe interessante chiedere ai discografici quali siano i motivi che inducono a stampare un album in un sistema piuttosto che in un altro...
Voi, per caso, lo avete capito?

Time Out
Non è solo il capolavoro assoluto del pianista e compositore Dave Brubeck ma anche e soprattutto uno dei dischi più belli, innovativi e popolari nella storia del jazz. Nonostante la critica difficilmente ami certi lavori troppo 'esposti' al grande pubblico, in questo caso davvero tutti, nel corso degli oltre 45 anni di vita di questo storico album, hanno apprezzato la straordinaria capacità compositiva di Brubeck e il fraseggio elegante del suo gruppo (Paul Desmond al sax, Eugene Wright al contrabbasso e Joe Morello alla batteria).
Inutile nascondere la mia curiosità nel poter riascoltare celeberrimi classici della storia musicale del XX secolo come 'Take five' e 'Blue rondo a la turk' in SACD multicanale (purtroppo il dischetto non è di tipo ibrido e pertanto la riproduzione è possibile solo con lettori SACD stereo o multichannel). Registrato nell'estate del 1959, già in passato nelle molteplici edizioni in vinile, il disco era noto per la bontà della registrazione. Nella versione SACD, i tecnici hanno saggiamente rielaborato i master originali in multicanale utilizzando solo i tre principali (sinistro, centrale e destro) e lasciando ai due posteriori esclusivamente l'ambienza dello studio, mentre manca completamente il canale sub.
Il risultato si apprezza perchè è stata sostanzialmente rispettata la registrazione originale in stereo. Tuttavia, grazie all'aggiunta del canale centrale, aumenta considerevolmente il fronte sonoro e la profondità della scena.
Basta passare dalla traccia multi-ch a quella stereo per notare la differenza e questo senza che sia stato stravolto il mix dell'epoca con procedimenti troppo fantasiosi. La paura di molti appassionati è infatti legata proprio al timore che si rielaborino con processi scorretti e poco realistici album di grande valore musicale, soprattutto in ambito jazz e classico. è però necessario non generalizzare perchè ci sono tanti LP originariamente stereo (addirittura in mono!) riproposti in multi-ch con molto rigore e rispetto per gli artisti. Mi vengono in mente due esempi eclatanti dei quali certamente possiamo parlare in un prossimo numero: Miles Davis 'A Kind Of Blue' in SACD e Beach Boys 'Pet Sounds' in DVD Audio.
Tornando a 'Time Out' devo ammettere che la traccia SACD multi-ch mi ha molto sorpreso: ogni singolo strumento, pur nel semplicissimo mixing dell'epoca, 'esce' dai miei diffusori con strepitoso realismo.
Chiudo gli occhi e immagino che il quartetto di Brubeck stia davvero suonando nella mia stanza.
La dinamica per una registrazione che ha quasi mezzo secolo d'età è notevole; il sax è presente in ogni sua sfumatura e il piano è corposo e dinamico. Ma è la batteria di Joe Morello in 'Take five' a impressionare: una performance strepitosa in ogni senso, che ha lasciato a bocca aperta molti amici appassionati!
In definitiva un SACD di eccellente qualità, indispensabile per capire cosa si può ottenere dai supporti ad alta risoluzione partendo anche da registrazioni d'epoca.

Marco Fullone