Lo specchio di Cassandra




 




La leggenda narra che il Dio Apollo era innamorato di Cassandra, figlia di Priamo ed Ecuba. Egli aveva promesso d'insegnarle a indovinare il futuro, se ella avesse acconsentito a concedersi a lui. Cassandra accettò lo scambio, e ricevette le lezioni del dio; ma, una volta istruita, si sottrasse a lui. Allora Apollo le sputò in bocca, ritirandole non il dono della profezia, ma quello della persuasione. Pierre Grimal Enciclopedia dei miti - Ed. Garzanti






A volte vi sono silenzi eloquenti e ombre luminose, vi sono negazioni che affermano e asseverazioni che annullano: per far intuire la collocazione della 'vera pace', qualcuno mirabilmente ha scritto che essa si trova '...in quel luogo ove nessuno è in patria'. Così, nella dinamica della vita, trovo logico sostenere, per la ciclicità che si nutre della apparente contraddizione, che anche per l'umanità arrivi costantemente sera, prima della notte e della conseguente aurora. E, ora, ogni vivente (che sia tale!) percepisce che ci stiamo immergendo in un nuvoloso tramonto, con un passaggio dal giorno alla notte malinconioso e scialbo. Forse dobbiamo ancorarci a ciò che è stato, ai rossi guizzi di un Sole che comunque risplende al di là delle nuvole. Le parole ci aiutano e, proprio per la loro peculiare valenza simbolica, a volte possono svelare fascinosi arcani dove fugacemente percepiamo, nel lampo dell'intuizione, la realtà del nostro ex-stare, del nostro esistere. Giocando con le antitesi si può far presentire l'indicibile, l'ineffabile: quel 'perno' centrale che anche quando ruoti il Tarocco, svelando il significato contrario, rimane stabile, imperturbabile e sempre se stesso.
Purtroppo, nella vita, dobbiamo costatare che oggi 'la situazione politica non è buona', come canta il buon Celentano, e la mente corre ai vecchi protagonisti che allora sembravano maneggioni e intrallazzosi , ma che al confronto degli attuali sono luminosi giganti.
A chi gli chiedeva quale fosse la differenza fra un politico ed uno statista, Alcide De Gasperi rispondeva: ' Il primo guarda alle prossime elezioni, mentre l'altro guarda alle prossime generazioni'. Nel nostro settore, quasi nessun operatore guarda al risultato che le apparecchiature da lui commercializzate possono produrre. Tutti pensano al guadagno che ne possono ricavare!
E poi, ancora, 'la situazione economica non è buona'. Una 'economia canaglia', come la definisce in un illuminante libro la giornalista Loretta Napoleoni (Economia Canaglia - Edizioni Il Saggiatore), invade ogni umana attività e il lucro fine a se stesso sovverte ogni regola di economia e di mercato, si autoalimenta e divora la politica, che dovrebbe essere 'l'arte del ben governare' ed invece diventa la serva di un 'democratico consenso' sempre più facile preda del potere economico.
Ed anche nel nostro piccolo mondo della riproduzione musicale 'la situazione non è buona'. La piega tecnocratica e commerciale data ad una operazione eminentemente artistica, come ovviamente è il 'far musica' (anche nella riproduzione!), ha asfissiato il piacere dell'ascolto, ha sostituito l'emozione con la cerebrale e masturbatoria soddisfazione delle 'certezze' scientifiche. E quell'indirizzo, fondato nei lontani anni settanta da riviste che non erano certamente concepite per diffondere cultura musicale, ma semplicemente per raggiungere obiettivi economici, ha inaridito sempre di più la voglia di musica in casa...
Tutti, un tempo, abbiamo pensato che i Pellerossa fossero brutti, sporchi e cattivi perchè così ce li dipingeva la mala coscienza americana che cercava di sciacquare, nella filmica epopea del lontano ovest, il tremendo genocidio che ora tutti conosciamo.
Così tutto il mondo audiofilo è stato mal indirizzato da una stampa fondamentalmente pressappochista ed incompetente che per sopravvivere ha sempre dovuto portare il discorso in ambito tecnico. Ambito dove, contrariamente a quello che si pensa, si può dire tutto ed il contrario di tutto, dimostrando che un prodotto è 'buono' o 'cattivo' a seconda del 'punto di vista' dal quale lo si guarda. 'Le misure sono misure!' tuona scocciato l'ingegneresco 'giornalista', ma il poveretto non pensa mai alla 'ponderalità' di quelle misure. Cioè al pondus, al peso che, nella unitarietà della umana fruizione, si trova ad avere quel particolare dato tecnico. Dato tecnico che, per quanto roboante e figlio di megaelaborate computeristiche risultanze, serve a definire microscopici (e a volte insignificanti) aspetti di un tutto che, per definizione, sfugge alla comprensione della vivisezionante miopia dello specialista. Nella sua arroganza l'uomo vorrebbe sempre stilare regolette nelle quali ingabbiare la percezione o definire la sensazione o inamidare il gustare, l'assaporare. Ma per fortuna nessuna regola umana potrà mai imbrigliare ciò che non ha consistenze, foriere di morte, come la Vita o l'Arte. Muoiono gli individui, ma non può morire la Vita perchè mai è nata. L'Arte era prima che l'uomo fosse. Il Bello 'è', e non è certamente ciò che piace. Il Bello rimane il Bello anche se nessuno Lo apprezza e a Lui si sintonizza. La frase del Cristo: 'Salomone in tutta la sua gloria non era vestito come i gigli del campo...' non è affermazione religiosa, ma considerazione logica. Non sta in piedi un mondo scientisticamente tecnologico, dimentico della mera 'natura' delle cose! Non si può conservare 'la magia' di ciò che più intimamente ci gratifica, se andiamo contro le semplici e normali regole che sovrintendono ai più profondi bisogni della natura umana. Ma per l'uomo contemporaneo è quasi impossibile capire che se (provocatoriamente esemplificando) nel Medioevo un pittore avesse dovuto rappresentare le attuali rotaie del treno, le avrebbe sicuramente dipinte parallele e non certo convergenti, per il semplice motivo che, allora, l'imperativo costante mirava a rappresentare sempre la verità (non la illusoria fotografia!) e, in verità, le parallele non si incontrano mai, se non nell'ottica illusione che la prospettiva suggerisce. Ma a scuola ci hanno insegnato che, nell'oscuro (!) Medioevo, non conoscevano gli 'scorci Mantegneschi' e la prospettiva (!), e abbiamo dovuto crescere per mettere a fuoco e correggere, alla luce di consapevolezze più coerenti e logiche, le tante panzane ammannite dalla, stancamente illuminista, scolastica e libresca cultura.
Dobbiamo ritornare indietro e capire cosa significhi ascoltare, capire che non possiamo ascoltare se non sappiamo ascoltare noi stessi, comprendendo che ogni vibrazione che crediamo esterna non è che la materializzazione di un sentire interno. Capire che il suono è modulazione del silenzio, capire, come spesso ripeto, che la Musica non è aria che vibra, ma una 'quiddità' che prende a supporto l'aria che vibra!
Tornare ai sereni ascolti, dimentichi di tutto fuorchè del proprio 'piacere', tornare a vivere la Musica... Ma, si sa, l'uomo è diventato talmente impotente che non si fida più dei propri sensi e, invece di impegnarsi per domare, all'interno di sè, la propria 'bisbetica' e renderla docile e affidabile (Shakespeare parlava spesso un linguaggio simbolico...), egli vuole trovare nella 'prova scientifica' la sicura ancora di salvezza. Purtroppo, però, le verità scientifiche vengono costantemente variate e contraddette e così l'uomo si accanisce sempre di più nella ricerca del dettaglio, del particolare, del microscopico... sprofonda nelle sabbie mobili della frammentazione non sapendo più costruire la propria casa affidandosi alla sicura consistenza della roccia.

Lorenzo Zen