Le vie del suono. Italia




Ken Kessler




Ken Kessler è uno tra i più noti recensori di Hi-Fi a livello mondiale. Firma autorevole di molte riviste internazionali di settore in lingua inglese, tra le quali ricordiamo Stereophile (USA) e Hi-Fi News (UK). Oltre ad aver realizzato molti libri specifici sulla materia e scritto innumerevoli articoli, può definirsi a pieno titolo un vero appassionato di riproduzione musicale fin dai suoi albori, e rappresenta una delle icone viventi del settore, almeno dal punto di vista giornalistico. Acuto osservatore e grande professionista, coltiva molte altre passioni, tra cui orologi, vini e.. l'Italia..!






Come sono cambiati i gusti e le idee degli audiofili italiani!
Quando gli Stati Uniti e l'Inghilterra cominciavano a creare l''high-end audio', con un minimo contributo da parte della Germania e del Giappone, l'Italia era ancora pressochè estranea a questa nuova filosofia. In pochi avevano sentito parlare della Galactron, di cui si conosceva il preamplificatore perchè, se non sbaglio, aveva tra i suoi dispositivi di controllo una valvola a farfalla, di quelle utilizzate per gli aerei.
Comunque, fino agli inizi degli anni Novanta, l'Italia ha fatto parte solo marginalmente di questa realtà industriale.
Uno dei problemi principali era la lingua: all'estero solo in pochi parlavano l'italiano. Un Paese come la Francia, che ha poi contribuito in maniera molto limitata all'high-end, poteva almeno esercitare una piccola influenza su Paesi come il Canada, il Belgio o la Svizzera pur avendo un mercato di apparecchi Hi-Fi particolarmente limitato. Anche la Germania, dal canto suo, riusciva a vendere i propri prodotti in Svizzera e in Austria. Per non parlare dell'hardware di questi due Paesi: quasi inesistente a livello mondiale, nonostante essi sostengano il contrario.
Invece l'Italia, dal nulla, si è riuscita a guadagnare il quarto posto di maggior produttore di apparecchi high-end, dopo (in ordine di importanza) gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Giappone. E tutto grazie al fatto che gli italiani, in un momento in cui sembrava che gli altri avessero ormai deposto le armi, hanno saputo introdurre nell'Hi-Fi quel concetto di 'stile' che ci voleva da tempo, quasi a voler conquistare, oltre agli audiofili specializzati, anche tutti gli altri.
Gli italiani amanti della musica hanno sempre avuto una passione per gli impianti esteticamente raffinati e, non a caso, le riviste italiane sono famose per l'abitudine di analizzare gli apparecchi in maniera particolarmente dettagliata e accurata, fotografandoli addirittura all'interno. Senza dubbio gli italiani sono sempre stati i migliori, perchè oltre ad ascoltare la musica si sono sempre preoccupati delle misure degli apparecchi, mentre i tedeschi, dal canto loro, sembrano interessati solo alle specifiche tecniche. è stato così che, ancora prima di questa incredibile rinascita da un punto di vista audio, il popolo italiano contava già un bel po' di audiofili raffinati su cui fare affidamento.
Per quanto mi riguarda, non potrò mai dimenticare l'incredibile collezione di valvole dell'Ing. Mariani della GRAAF, probabilmente una delle più grandi al mondo, così come ricorderò sempre la mostra audio alla Villa Bellosguardo di Caruso: eccezionale, dove ho avuto modo di conoscere un personaggio che tutti chiamavano 'Valvolino'. Mi ricordo anche del giradischi EMT di Luciano Macrì, nuovo di zecca e completamente rifinito in plastica, o di impianti di privati che ho potuto apprezzare a Milano e a Torino, che non avevano nulla da invidiare agli americani e ai giapponesi. Ed è stato proprio un italiano a scrivere dell'ultima versione, quella definitiva, dei giradischi EMT.
Così, senza troppe sorprese, tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90 c'è stata una vera e propria esplosione, a tutti i livelli, dell'hi-end italiano: dagli amplificatori ai diffusori, agli accessori, ai tavolinetti, ai cavi, agli spikes e persino alle etichette discografiche. Una rivoluzione alquanto inattesa nel mondo audio e i cui effetti si vedono ancora oggi: apparecchi elettronici ed elettroniche allo stato solido e a valvole, giradischi, sintonizzatori a valvole...
è difficile riconoscere di chi sia stato il merito di tutto questo, proprio perchè le aziende del settore sono tutte collegate tra di loro, a vari livelli. Mi viene in mente, ad esempio, come a Cambridge, nel Massachusetts, sia nata la Acoustic Research, seguita poi dalla KLH, dalla EPI, dalla NAD, dalla Boston Acoustics e da molti altri marchi importanti. O come a Cambridge, in Inghilterra, ci siano l'Arcam, la Mission, la Meridian, l'EAR e molte altre che andrebbero menzionate.
è stata l'Italia, comunque, a regalare al mondo apparecchi Hi-Fi così preziosi da meritarsi i ringraziamenti di qualsiasi produttore americano, inglese o giapponese...
A ciò si aggiunge anche l'attenzione e la qualità notevoli riservate al design dei diffusori.
La Sonus Faber, la Chario, Opera, l'Audiogram, la Fase, l'Unison Research, la GRAAF, la GM Accessori, la Solidsteel, la BCD, la Monrio, l'Audio Analogue, la Fonè, la Pathos, la New Audio Frontiers, l'Hi-Diamond, la V.Y.G.E.R., l'Audia, la S.A.P., la Nightingale, la Synthesis, l'Omicron e quali altre società?
Altre centinaia, o forse anche più. Da dove venivano fuori tutte queste aziende? E soprattutto, come hanno potuto portare l'Italia a un livello così alto e in così poco tempo?
La risposta è una sola: lo stile.
Ora, agli occhi di un audiofilo intransigente e di ristrette vedute, questa potrebbe apparire come una caratteristica priva di significato, dal momento che per un purista l'elemento più importante rimane sempre la qualità del suono. Ciò non toglie che gli italiani adorino le 'belle cose' in ogni aspetto della vita e con questo intendo dire che non avrebbero mai, e poi mai, potuto creare un diffusore antiestetico, come non avrebbero mai disegnato un'automobile o un paio di scarpe brutte a vedersi. è stato proprio questo che, a buona ragione, ha colpito proprio tutti fuori dall'Italia; all'estero venivano ancora realizzate delle casse orribili, racchiuse in strutture cubiche rivestiste in resina vinilica, di colore nero o, ancor peggio, in un simil-legno ormai visto e rivisto e anche l'elettronica era fuori da ogni concezione.
Chi non ha mai vissuto fuori dall'Italia non può neanche immaginare l'effetto che i primi diffusori della Sonus Faber, o gli amplificatori della Unison Research, hanno avuto su alcuni clienti che sembravano aver passato tutta la loro vita precedente a nascondere l'impianto stereo a quelle arpie delle mogli.
Tutto ciò è stato semplicemente rivoluzionario. Solo così è possibile descriverlo.
Ci sono pure state, in passato, un paio di aziende americane o inglesi che hanno provato a introdurre nei loro diffusori delle linee leggermente arrotondate, senza però avere poi il coraggio, o meglio il vezzo, di abbandonarsi completamente a questa scelta. è stata la capacità italiana a rivoluzionare tutto, e al giorno d'oggi è veramente difficile trovare dei diffusori che non abbiano una loro personalità, a meno che non si tratti di prodotti di basso livello.
Stessa cosa per l'elettronica. Gli inglesi, gli americani e i giapponesi sono arrivati a usare il legno al massimo per le fiancatine, in cui inseriscono i loro amplificatori, i preamplificatori o i tuner. Aziende come la Unison Research o la Pathos, ne hanno fatto il loro tratto distintivo, trasformando così per sempre il look degli amplificatori.
Stesso dicasi per i tavolini, nei quali per la prima volta l'acciaio inossidabile, il vetro, il plexiglas e l'alluminio sono stati utilizzati in maniere del tutto inesplorate, laddove invece gli americani e gli inglesi impiegano degli orrendi tubi in acciaio, dalle forme squadrate e in sezioni trasversali. All'improvviso è stato dimostrato che gli impianti Hi-Fi non dovevano poi essere necessariamente dei prodotti così antiestetici.
Bisogna riconoscere che i cultori della musica di tutto il mondo hanno un debito pressochè incalcolabile nei confronti degli italiani e non solo per Pavarotti, Verdi, Paolo Conte e Rita Pavone, o per i loro cugini italiani come Louis Prima, Dean Martin e Frank Sinatra. Gli audiofili italiani hanno sempre dimostrato, più di chiunque altro, un entusiasmo appassionato. Ne sono prova il TOP Audio e poche altre mostre specializzate che si tengono a Milano, Roma e in altre città. Gli italiani, per esempio, non hanno mai tradito il vinile. Chiamano i loro prodotti con nomi del tipo 'Armonia', 'Cremona' e 'Cinecittà'. Cantano persino l'inno nazionale quando la Ferrari vince in Formula 1.
Non posso dire altro che 'Viva l'Italia!'.

Ken Kessler