Lo specchio di Cassandra




 




La leggenda narra che il Dio Apollo era innamorato di Cassandra, figlia di Priamo ed Ecuba. Egli aveva promesso d'insegnarle a indovinare il futuro, se ella avesse acconsentito a concedersi a lui. Cassandra accettò lo scambio, e ricevette le lezioni del dio; ma, una volta istruita, si sottrasse a lui. Allora Apollo le sputò in bocca, ritirandole non il dono della profezia, ma quello della persuasione. Pierre Grimal Enciclopedia dei miti - Ed. Garzanti






Mi viene spontaneo, ogni volta che assisto ad un concerto in una nuova sala, far correre la mente a confrontare il suono che percepisco con il suono riprodotto che, in tanti anni, si è stratificato dentro di me. Così cerco di valutarne le differenze, sforzandomi di capire sempre di più 'cosa' differenzia questo suono dal suono dei nostri impianti di riproduzione. Recentemente ero a Monaco di Baviera dove, nella maestosa Herkulessaal della Residenz, ho ascoltato il Requiem di Dvoràk. La sala conta più di millecinquecento posti e quindi è facile intuire che ciò che si ascolta in siffatti luoghi non ha nulla a che spartire con la riproduzione che anche il più costoso e sofisticato impianto può fornire. Per come si articola il suono in quegli ampi spazi, ogni persona 'dall'intelletto sano' arriva immediatamente alla convinzione che non v'è nessuna possibilità di avere in casa, per quanto sia studiato e ben fatto il nostro impianto, quelle modalità di propagazione, quel particolare inviluppo sonoro... Io ho sempre sostenuto che 'il suono misura lo spazio' e quindi ho la netta convinzione che le grandi differenze fra il suono di prima o di seconda generazione siano molto legate alla differente provenienza dei suoni. E quando abbiamo così tante sorgenti (a volte cento/centoventi coristi e ottanta/cento professori d'orchestra, più i vari solisti) che da così diversi punti 'lanciano' quantità incredibili di frequenze diverse, che si intrecciano e fondono nell'ambiente, non possiamo pretendere che, poi, due miseri per quanto opulenti altoparlanti possano confrontarsi con l'emissione originale. Nelle attuali registrazioni, poi, vengono in genere messi in atto grandi tradimenti su tutta quella che è la primitiva coordinazione di fase e l'orecchio, che opera il suo più importante lavoro nel dominio del tempo, non perdona nulla, assolutamente nulla, nell'errore di fase. Ma allora, se una impotenza cronica ci fa capire che sono vani tutti i nostri tentativi 'd'imitazione', che senso possono avere gli immensi sforzi che ogni professionista serio e capace fa per 'tentare' la riproduzione di un evento musicale? La domanda è gravida di molte considerazioni estremamente importanti... Intanto facciamo subito un enorme distinguo per la musica, qualunque essa sia, che dal vivo sia 'già' frutto di riproduzione tramite altoparlanti: qui il parametro di valutazione è totalmente a sè stante.
Basti pensare ai concerti di musica leggera o rock dove si capisce se l'esecuzione è in diretta o in playback solo dal sincronismo delle labbra del cantante; che il concerto sia in diretta o no, dal punto di vista della qualità del suono, non cambia rigorosamente nulla! Con la musica 'viva', al contrario, sarebbe richiesta attentissima considerazione sia nella 'ripresa' che nella 'restituzione' del suono. E invece, a mio avviso, quasi tutte le attuali registrazioni si sono talmente impoverite in un mentecatto tecnicismo, che non si riesce più a distinguere se, per esempio, il pianista stia eseguendo un brano su uno Steinway, o un Bosendorfer, o uno Yamaha, o un Borgato...Le manipolazioni e le post produzioni appiattiscono il risultato, rendendo tutto sterile e banale come cibo precotto, riscaldato nel forno a microonde! Fatte queste doverose considerazioni, torniamo alla nostra domanda iniziale per capire 'cosa' perseguire nella nostra 'missione impossibile', nella nostra attenta ri-produzione. Ho sempre sostenuto che una giusta riproduzione deve essere fondamentalmente 'credibile' ed 'evocativa' (proprio nel senso etimologico di ex-vocare: chiamare fuori) e credo ancora che queste due specificazioni siano sempre molto pertinenti nella ricerca del ben riprodurre. Sappiamo, lo abbiamo appena ricordato, che è inutile pretendere la 'copia' dell'evento originale, ma sappiamo anche che una eccellente riproduzione può, appunto, evocare quel dato concerto, quella data esecuzione dandoci quella immensa gioia che la musica dal vivo può darci. Anzi direi che a volte, se la registrazione è stata fatta con 'spirito musicale' e non da ingegneri del suono che lavorano come 'ragionieri della tecnica' (senza offesa per i ragionieri...) e se la riproduzione è coltamene umile e trasparente, si possono avere immense soddisfazioni e a volte godere anche di più che dal vivo, soprattutto quando questo 'dal vivo' è fatto in ambienti infelici, con ascolti disturbati da un pubblico maleducato o, ancora, quando incombe la malnata abitudine di amplificare gli strumenti anche nei concerti di musica classica (ho sentito al Teatro 'Dal Verme' di Milano cose da far accapponare la pelle!...)
Quindi non la pedissequa 'ricerca dell'alta fedeltà', come vorrebbe la vecchia scuola, ma il volonteroso perseguimento di una emozione colta e consapevole che si impadronisce di noi quando, nel limite dei nostri strumenti, la musica sgorga più nella sua essenza che nella impossibile sostanza e consona con la nostra sensibile percettività. Io credo che dopo tutti questi anni di attività e dopo tutte le migliaia di impianti ascoltati, posso affermare che le doti più importanti in un impianto di riproduzione siano 'l'eleganza' e la 'classe', la capacità cioè di tradurre con colta sensibilità e grande modestia l'evento originale, nella 'lingua' che la nostra particolare situazione d'ascolto richiede.
L'attento ascolto dal vivo in ambienti adeguati ci aiuta a capire cosa voglia dire estrapolare 'la verità da ricercare' per poi inseguirla nel suono di seconda generazione. E ritornando al mio Requiem di Dvoràk e alla Herkulessaal, vorrei ribadire che sarebbe estremamente importante per il bene del nostro mercato, che si incentivasse in tutti i modi possibili l'ascolto dal vivo, magari organizzando proprio tramite APAF (Associazione Promozione Alta Fedeltà), i coscienziosi professionisti ed i più attenti rivenditori del settore, concerti e concerti... E così molti amanti della musica potrebbero capire ancora di più lo spirito da ricercare nel riprodurre e non essere indotti (anche da poco colti, ingegnereschi scribacchini) o a non voler entrare nel nostro fantastico mondo o ad uccidere questa benedetta musica vivisezionandola con pochissimo pertinenti parametri tecnici.

Lorenzo Zen