Led Zeppelin Il volo del dirigibile rock




Anselmo Patacchini




'La Regina della Luce prese il suo arco /e poi si voltò per andarsene/ Il Principe della Pace fu sorpreso dall'oscurità e passeggiò nella notte da solo...' (Jimmy Page/Robert Plant da Battle Of Evermore)






Sono in molti a credere che i Led Zeppelin siano un gruppo emerso praticamente dal nulla, una sorta di miracolo musicale, una tra le più micidiali schegge originate dalla fagocitante scena British-Blues sul finire dei Sixties. Nati nel 1968 e già dall'anno successivo stelle di assoluta grandezza, gli Zeppelin, in realtà, sono un ensemble di musicisti con una notevole esperienza maturata nei club britannici sin dai primissimi anni '60. Esiste, quindi, un'ampia preistoria in cui le strade percorse dai quattro straordinari artisti (Jimmy Page, Robert Plant, John Paul Jones, John Bonham), si sono intrecciate e incrociate prima di convergere nella pista della rock-scene. La storia è stranota, lo sballato Keith Moon degli Who, impasticcato fino al midollo, sentendoli suonare rimase estasiato paragonandoli ai lead baloons, i dirigibili, e la cosa stuzzicò lo stregone della sei corde Page che, grazie a un piccolo ritocco del vulcanico Peter Grant (la parola 'lead' mutata in 'led') fece passare per buono quel nome che ancora oggi, a sentirlo, fa scorrere i brividi lungo la schiena: Led Zeppelin.
Debuttano sul palco con questa nuova denominazione dopo la metà di ottobre all'Università del Surrey, ma i giorni successivi si esibiscono ancora con il vecchio appellativo di New Yardbirds al Marquee di Londra e all'Università di Liverpool. Intanto, l'indaffaratissimo Grant si era messo da tempo in azione per procurare ai quattro un contratto discografico che fosse all'altezza delle loro capacità e in breve riuscì a coinvolgere l'Atlantic Records, strappandole un favoloso accordo di esclusiva per gli Stati Uniti, con un anticipo di ben duecentomila dollari. Il primo concerto in terra americana è al Coliseum di Denver (26 dicembre 1968), e da allora, la storia della musica rock ha dovuto fare i conti con loro.
Il long-playing d'esordio Led Zeppelin è pubblicato nel gennaio 1969 (nel Regno Unito sarà edito solo alla fine di marzo), contraddistinto dalla tragica immagine del dirigibile in fiamme che campeggia sul frontecopertina. Inciso nel giro di un paio di settimane ai confortevoli Olimpic Studios di Londra, l'album deflagra come una bomba sul mercato, colmo di spontaneità e tensione mostra in maniera evidente tutte le caratteristiche dell'inconfondibile sound zeppeliniano: le tipiche spezzature dei tempi, la tragica epicità dei blues, le raffiche deliranti create dai riff di Page, il dinamitardo drumming di Bonham, le influenze orientali. Dazed And Confused è il momento chiave. Un sound misterioso di chitarra emerge dal nulla, mentre il canto di Plant agisce su linee armoniche blues, tonalità cupe prendono il sopravvento cariche di situazioni cosmiche e le ansie del fantastico pezzo si liberano in una apoteosi dirompente sugli schianti della sezione ritmica, per poi chiudere il cerchio ritornando alle atmosfere introduttive. Page, sull'esempio di Eddie Philips dei Creation, strapazza con l'archetto di violino le corde della sua Gibson e, sul palco, l'effetto spettacolare di questa tecnica, con gli incredibili effetti che produceva, si ampliava a dismisura assumendo sembianze rituali. Ottime le rivisitazioni di You Shook Me e I Can't Quite You Baby, entrambe provenienti dal repertorio del maestro del blues Willie Dixon. Efficacissimo il nuovo arrangiamento di Page per Babe I'm Gonna Leave, un interessante traditional, e soprattutto, spettacolare il giro di basso che introduce il ruvido How Many More Times che chiude degnamente l'opera.
Nel giugno del 1969 gli Zeppelin sono al Festival di Bath dove vengono acclamati come la miglior live-act e, quindi, ripartono per gli Stati Uniti (siamo già al terzo tour) che battono a tappeto in lungo e in largo, scalzando dai palchi i compagni di concerto (Iron Butterfly, Doors, Vanilla Fudge).
La fama cresce e si consolida grazie a vigorosi concerti e alla presenza scenica di Robert Plant, sul cui modo di presentarsi e di proporre i brani più legati al discorso-sesso si scriverà fino alla nausea, rendendolo quasi un'icona, tra autocompiacimenti e narcisismi vari, del rock che si nutre di se stesso. La vita on the road è davvero movimentata e l'America decreta il trionfo dei Led Zeppelin. Il 6 luglio a Rhode Island, insieme a Jethro Tull, Jeff Beck Group, Ten Years After, B.B. King, Johnny Winter, si cimentano al Newport Jazz And Blues Festival; la settimana successiva si ritrovano al Flushing Meadow Singer Bowl Music Festival davanti a 25.000 spettatori entusiasti che assistono a una mirabolante supersession finale (inclusa nell'album Jailhouse Rock) a cui prendono parte Page, Plant, Bonham, Rod Stewart, Jeff Beck, Glenn Cornick dei Jethro Tull e Rick Lee dei Ten Years After. In ottobre sono il primo gruppo a suonare alla Carnagie Hall di New York (a distanza di tempo dallo storico concerto dei Rolling Stones del 1964). Prima della chiusura del quarto tour USA (8 novembre al Winterland di San Francisco) il 31 ottobre esce nei negozi Led Zeppelin II (conosciuto anche come The Brown Bomber, il bombardiere marrone) che lancia il gruppo sulla vetta più alta delle classifiche spodestando Abbey Road dei Beatles. La copertina dell'ellepì mostra i musicisti in tenuta da combattimento schierati a fianco della squadriglia del Barone Rosso, a sottolineare che i dirigibili erano stati concepiti dal nobile Von Zeppelin come strumenti di guerra aerea. L'incredibile Whola Lotta Love è il manifesto della band: gli stilemi blues vengono sparati a velocità supersonica, la voce di Plant inizia ad affilarsi, quasi un contraltare allo strumento di Page, e l'orgiastico intermezzo psichedelico simula un amplesso selvaggio e primitivo. Siamo nei campi più fertili dell'hard-rock più puro alla stregua di Hearbreaker, allungata dal vivo con l'aggiunta di alcuni frammenti provenienti dalla Suite per liuto n&grad;1 di J.S.Bach e di 59 th Street Bridge Song di Simon & Garfunkel. The Lemon Song (scippata al bluesman Howlin' Wolf) incisa in presa diretta e la sanguigna What Is And What Should Never Be riprendono movenze e svisate legate agli umori del Mississippi, sempre sotto il dominio della pedal steel guitar di Page e con la voce di Plant scorticata. Living Loving Maid (She's Just A Woman) stempera il clima in un ritornello piuttosto semplice e orecchiabile. La ballata acustica Thank You - sorretta dal mistico incidere dell'organo e da una performance vocale lenta e sinuosa - e la folkeggiante Ramble On offrono il rovescio della medaglia a chi crede solo nelle incendiarie violenze spaccatimpani degli Zeppelin. Moby Dick parte con un coinvogente fraseggio della sei corde, poi il batterista inizia a scatenarsi con un interminabile ondeggiare di rullate e tocchi su tamburi e piatti. Bring It On Home, dopo il caracollante inizio prestato da Willie Dixon - l'armonica fluttuante sul giro di basso - chiude sballando nelle tempestosità ritmiche più estreme.
Il 21 marzo 1970 prende il via un altro acclamato tour negli States (per la prima volta senza supporto) e, ridotti al lumicino delle forze, a maggio gli Zeppelin si rifugiano per rigenerarsi nel Galles, in un cottage sperduto tra verdi vallate, denominato Bron-Y-Aur. Nascono, così, tra chiacchierate intorno al fuoco del camino, partite a poker e distensive passeggiate nell'incontaminata natura, un lotto di belle canzoni che rivelano i sentimenti degli artisti cui stanno strette le riduttive etichette di hard-rock per la musica del gruppo. In perfetta forma, il 20 giugno il quartetto sbanca l'Islanda, infiammando i recensori nel proporsi come fiere reincarnazioni di vichinghi e druidi. Il 28 giugno suonano a Bath assieme a Santana, Byrds e Zappa davanti a oltre 150.000 persone e, quindi, via per l'Europa, l'America, il Giappone e l'Australia, mietendo ovunque sold-out a catena. Una settimana più tardi esce Led Zeppelin III registrato parte a Memphis, parte a Londra e promozionato per tutta l'estate da estenuanti concerti. Gli arrangiamenti melodici e le scelte acustiche sono preminenti e tengono banco gli scintillanti riflessi del patrimonio folklorico. Chi pensa che i brani riportano eliografie da cartolina è del tutto fuori strada. La spedita Gallows Pole, un traditional recuperato da Page grazie all'ascolto di un disco di Fred Gerlaich - con tanto di mandolino a conferire profumi agresti - trova Plant perfettamente funzionale nell'offrire il suo lacerante vocalismo. Il cantante si ripete nell'altra intensa ballata, dai contorni acidi, Friends involandosi come un'araba fenice su vette espressive altissime, tra passaggi riflessivi e spirali d'inquietudine. La raffinata e struggente Tangerine mostra la fervida ispirazione di Page (che aveva scritto il brano quando ancora militava negli Yardbirds) nel costruire un'aria pregna di nostalgia e dolcezza anche nel breve assolo dell'elettrica. Delicati fraseggi acustici siglano That's The Way, quasi un bagno purificatorio, spiritualmente lontano dai selvaggi live-act, mentre la goliardica Bron-Y-Aur Stomp ci rimanda piacevolmente a una sagra paesana. Anche questa volta è inserita in scaletta una tipica composizione killer, l'incandescente Immigrant Song, posta in apertura, caratterizzata dall'urlo disperato e lancinante di Plant; nè sono assenti corpose interpretazioni bluesistiche (Since I've Been Loving You in testa). Il tutto conferisce compiutezza allo stimolante incontro tra le diverse matrici espressive dell'ellepi dove arpeggi delicati e sinuosi, si contrappongono con intervalli regolari, alle ritmiche incalzanti imposte dal duo Bonham-Jones.
Per Led Zeppelin IV, ribattezzato dai più fedeli appassionati al culto del dirigibile Four Symbols o più semplicemente ZoSo, l'iter realizzativo si concluderà nell'estate del 1971, assemblando tracce già pronte dell'anno precedente e canzoni più recenti. Sulla copertina è impressa la figura di un malandato contadino alle cui spalle si scorge uno squallido sfondo metropolitano: una specie di riconoscimento alle fatiche della ruralità rispetto alla mefitica e corrotta aria che si respira fra i grattacieli. I simboli runici che, rappresentano i musicisti, aprono l'ingresso ai fan guidati dalla luce dell'eremita dei tarocchi nella setta segreta dei Led Zeppelin. Il brano simbolo è Stairway To Heaven, già abbozzato nel cottage Bron-Y-Aur e via via perfezionato, lasciando 'tutti di stucco' come confessò lo stesso Page in un'intervista dell'epoca. Sofisticata e romantica, la memorabile canzone ha un'evoluzione, o meglio una progressione, scandita da uno strabiliante crescendo ricco di contrasti e chiaroscuri sonori, sempre annunciati dal superbo lavoro alle chitarre. I musicisti hanno oramai elaborato tecniche d'incisione, con particolari disposizioni di microfoni e amplificatori, per rendere il sound realmente unico. Page è semplicemente straripante negli assoli; Plant non si affida soltanto a laceranti volate, ma spazia anche in dimensioni più intime e sensibili; Jones, sempre schivo per le luci della ribalta è indispensabile per la costruzione ritmica e l'arrangiamento dei pezzi; Bonham offre il suo istinto per scandire il tempo. Tra le varie composizioni in scaletta scorre un altro squisito momento acustico Going To California. Sulla stessa scia si muove la raffinata The Battle Of Evermore, una splendida folk-ballad, mesta e disincantata, che ospita l'angelica voce di Sandy Denny, una delle regine della cultura popolare inglese dell'epoca. Ancora una volta, si spazia tra incredibili riff che nella loro levigatezza celano letture multiple, in epici funambolismi di blues sfigurato (When The Leeve Breaks), per diramare persino in passaggi funky e nuovi, sperimentali momenti. Four Sticks, ad esempio, è enfatizzata dal drumming iperbolico dell'istrione Bonham eseguito utilizzando quattro bacchette contemporaneamente.
Recupero del passato e sguardo proiettato al futuro, così gli Zeppelin, in clima di silenzio stampa si rivolgono direttamente ai loro sostenitori, in crescita esponenziale sul finire del 1971, con un favoloso concerto a Wembley.
Appena, dopo averli fatti entrare in Paradiso, il destino deciderà di far vivere i Led Zeppelin, forse troppo abbagliati dalle luci dei riflettori, nei profondi meandri dell'Inferno. (continua)

Anselmo Patacchini



La discografia 1969 -1971
Nella discografia abbiamo preso in esame gli album dei Led Zeppelin pubblicati nel Regno Unito nel periodo 1969/1971. Le valutazioni riportate si intendono per dischi in condizioni di copertina e vinile M/M, e si riferiscono esclusivamente alla stampa originale.
L'album d'esordio Led Zeppelin (Atlantic 588 171 - quotazione attuale 80 euro) è pubblicato il 28 marzo 1969 con due mesi di ritardo rispetto alla corrispettiva stampa USA (17 gennaio 1969). Presenta una confezione a busta singola con etichetta Atlantic di colore rosso-viola (plum label) e dicitura 'Led Zeppelin' di colore turchese. La spiazzante immagine della front cover con il dirigibile in fiamme fu ideata dal gruppo di grafici che facevano capo a George Hardie, esperto illustratore che lavorerà ancora con il gruppo. Nel retro sono impressi i quattro volti dei musicisti provenienti da scatti realizzati da Chris Dreja (componente degli Yardbirds) che dopo aver abbandonato le scene musicali aveva intrapreso la professione di fotografo. Una seconda edizione, meno quotata, (1969 Atlantic 588 171 - quotazione 40 euro) presenta invece le scritte di colore arancione. L'album entra nelle classifiche inglesi il 12 aprile 1969 raggiungendo il 6&grad; posto come massimo traguardo.
Led Zeppelin II (Atlantic 588 198 - quotazione attuale 40 euro) viene pubblicato nell'ottobre 1969 con copertina apribile di colore marrone chiaro e presenta in maniera corretta sulla label la canzone The Lemon Song. La stampa del 1970 (Atlantic 588 198 - quotazione 40 euro) realizzata sempre con copertina apribile di colore marrone chiaro mostra, invece, erroneamente sull'etichetta il brano Killing Floor al posto di The Lemon Song. Entrambi i dischi presentano etichetta Atlantic di colore rosso-viola (plum label). L'ellepi entra nelle classifiche inglesi l'8 novembre 1969 con una permanenza complessiva di 138 settimane consecutive. Si piazza al primo posto nel febbraio 1970.
Pubblicato nella prima quindicina dell'ottobre 1970, Led Zeppelin III (Atlantic De Luxe 2401 002 - quotazione attuale 50 euro) mostra una confezione con copertina apribile e la caratteristica round-cover ideata da Jimmy Page. La grafica di copertina è stata disegnata da Richard Drew. La stampa originale Atlantic De Luxe distribuita dalla Polydor presenta etichetta Atlantic di colore rosso-viola (plum label) con la massima di Aleister Crowley: 'Do what thou wilt. So mete it be' (Fai quello che vuoi. Così potrai essere) impressa sul bordo esterno del vinile. L'album ottiene uno straordinario successo di vendite volando nelle classifiche inglesi direttamente al primo posto e stazionando in vetta per tre settimane consecutive, per poi ritornare al primo posto il 12 dicembre 1970.
Pubblicato il 12 novenbre 1971 Led Zeppelin IV (Atlantic De Luxe 2401 012 - quotazione attuale 40 euro) in realtà non presenta sulla copertina o all'interno di essa alcun titolo o dicitura, nè viene indicato il nome del gruppo. Solo sulla busta interna (inner sleeve) mostra quattro simboli metafisici scelti da ogni singolo componente della band. La stampa anglosassone si sbizzarrirà nel cercare di identificarlo con svariate denominazioni: oltre a quella citata sarà chiamato Four Symbols, ZoSo, Untitled, The Runes. La tiratura originale presenta una confezione apribile con etichetta Atlantic di colore rosso-viola (plum label). La ristampa in vinile lilla del 1978 (Atlantic K 50008 - quotazione 25 euro). L'album entra direttamente al primo posto della chart inglesi, in classifica per 62 settimane.