Pink Floyd Sogni e visioni stellari




 




'Il sole splende sul mio cuscino/più soffice di un piumino.../Vorrei che il salice piangente agitasse intorno i rami.../Sogno Julia/la sogno regina, regina di tutti i miei sogni...' (Syd Barrett da Julia Dream)






Questo articolo, che riporta le fasi salienti della lunga carriera dei mitici Pink Floyd dagli esordi sino al 1969, vuole essere un doveroso omaggio alla figura di Syd Barrett, il geniale artista passato a miglior vita lo scorso 7 luglio. Ci piace ancora ricordarlo come autore d'incantesimi stravolgenti, adornato da pantaloni a zampa d'elefante, camicie sgargianti e una folta chioma che gli scendeva sulle spalle, tra boccoli di capelli arruffati, con quei suoi occhi spaesati a costruire idealmente spazi immaginari e infinite dimensioni.
Il debutto dal vivo della band (Syd Barrett, chitarra solista e voce; Roger Waters, basso e voce; Richard Wright, tastiere; Nick Mason, batteria e percussioni) avvenne nel marzo 1966 al celebre Marquee Club di Wardour Street, a Londra, nell'ambito di una atematica rassegna domenicale The Spontaneous Underground organizzata dal duo Steve Stollman e da John Hopkins. I Pink Floyd si cimentarono in lunghe e sconvolgenti versioni di Roadrunner e di altri pezzi di Chuck Berry, divertendosi, inoltre, a sovrapporre strati di feedback a volume altissimo. Peter Jenner (professore alla London School Of Economics) e l'amico Andrew King rimasero inebriati da quelle sonorità fuori dagli schemi e decisero di puntare su quei quattro talentuosi ragazzi a tal punto da formare assieme a loro la Blackhill Enterprises, società che avrebbe curato il management.
Il 15 ottobre i Pink Floyd, o meglio, la Pink Floyd Steel Band - così annunciavano le locandine dell'epoca - assieme ai Soft Machine - gruppo di punta - si cimentarono alla Roundhouse (una vecchia stazione ferroviaria londinese in disuso) che festeggiava con uno scatenato All Night-Rave la nascita dell'International Times (IT), la prima rivista underground nel Regno Unito. Oltre duemila persone si accalcarono all'interno del locale. Gente comune e bizzarra mischiata a personaggi famosi come il regista Michelangelo Antonioni accompagnato da Monica Vitti o Paul McCartney che si presentò vestito da arabo con tanto di tunica e copricapo bianco, con addosso un montgomery per non farsi riconoscere. Riconoscibilissime - invece - le natiche di Marianne Faithfull che indossava un abito da suora molto particolare.
Le numerose esibizioni che si susseguirono tra il dicembre del 1966 e il marzo del 1967 all'UFO Club e al citato Marquee rappresentarono per i Pink Floyd preziose palestre d'esercizio sperimentale dove maturare una propria identità stilistica giocata soprattutto nel forte contrasto tra una disciplinata sezione strumentale e la stridente ed estraniata chitarra Telecaster di Syd Barrett, continuamente alla ricerca di innovativi giochi sonori da contemplare e plasmare, lacerata da rabbiose esplosioni che si alternano a inaspettati momenti di quiete. Nei suoi fraseggi è abile nel miscelare le più disparate influenze, dalle rivoluzionarie soluzioni di Arthur Lee nel trentatregiri di debutto dei Love al particolare slide di Keith Rowe degli AMM, dai Byrds di Fifth Dimension alla classica tecnica bluesistica bottleneck. Syd riuscirà a porre tutto su di un livello neutro, sfruttando al massimo la sua singolare capacità di sintesi, sfigurata dall'interazione fra differenti amplificatori, camere d'eco e pioneristici sistemi digitali.
Il regista Peter Whitehead, già attivo con i Rolling Stones, è tra i primi ad accorgersi dell'immenso talento del gruppo. Li scovò frequentando l'UFO Club e riprese alcuni momenti dal vivo. Inoltre filmò il 12 gennaio 1967 una session negli studi Sound Techniques di Chelsea dove il quartetto stava incidendo alcuni brani per ottenere un contratto discografico. Tra questi un'interminabile e stratosferica versione di Interstellar Overdrive e l'interessante Nick's Boogie, un pezzo frutto di un'improvvisazione pilotata dall'estro creativo di Barrett. Una parte del materiale trovò poi posto nella sua pellicola-documentario Tonite Let's All Make Love In London sulla dolce vita londinese degli anni '60. L'incandescente Interstellar Overdrive è il commento sonoro più significativo fra quelli scelti a sottolineare le sequenze della pellicola, ma stranamente l'album omonimo che raccoglie la colonna sonora del film, pubblicato dalla Instant Records nel 1968, contiene solo tre versioni ridotte del pezzo originale (i trenta minuti integrali di Interstelar Overdrive e il ninnolo Nick's Boogie saranno editi dalla See For Miles nel disco Tonite Let's All Make Love In London... Plus nel settembre 1990!).
Alla luce di queste folgorazioni, nel marzo del 1967 uscì per la EMI/Columbia il primo 45 giri Arnold Layne/Candy And A Currant Bun. Se il brano contenuto nel lato B tratteggia una supplica agrodolce di canditi e fedeltà sentimentale, Arnold Layne parla di diversità e travestimenti. Filtrata dagli umori e dalle impennate liriche del suo autore Syd Barrett, questo ritratto ribalta l'archetipo umano della canzone d'amore, veicolandone i principali punti di riferimento attraverso una sensibilità tipicamente inglese e un notevole gusto per l'eccentricità. All'Alexandra Palace (29 aprile) - durante lo spettacolo 14 Hour Technicolor Dream - i Pink Floyd entrano in scena alle quattro del mattino, per una jam spaziale indimenticabile, quando lo splendore rosato dell'alba colorava i finestroni della sala rivolte a est. Dopo due settimane sono ancora protagonisti assoluti al Games For May svoltosi alla Queen Elizabeth Hall di South Bank. Questa stupefacente esibizione entra di diritto nella storia perchè Syd è in stato di grazia fornendo - probabilmente - la più convincente performance della sua carriera, mentre il gruppo sbalordisce con una delle prime esplorazioni a carattere musicale (uso della quadrifonia) e visivo all'insegna della multimedialità. In sala furono, infatti, proiettati semplici ma suggestivi protoplasmi ottenuti con del liquido colorato inserito fra due lastrine di vetro assieme a filmati surreali in 35 mm.
Preceduto dal fortunato singolo See Emily Play/The Scarecrow - che arrivò sino alla terza posizione delle classifiche inglesi - il faticosissimo e atteso long-playing The Piper At The Gates Of Dawn vide la luce nell'agosto 1967. Registrato per la EMI agli Abbey Road Studios - proprio nello stesso periodo in cui nello studio di fronte i Beatles stavano incidendo Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band - l'opera si avvale dei sogni e delle visioni di Syd Barrett, per il momento ancora attaccato al timone dell'astronave. Il titolo, Il pifferaio alle porte dell'alba, è ripreso dal settimo capitolo di uno dei romanzi per l'infanzia preferito da Syd, The Wind In The Willows (Il vento tra i salici) di Kenneth Grahame. L'album richiese un numero infinito di session a causa delle enormi difficoltà incontrate dal nuovo produttore Norman Smith nei rapporti con Barrett. Comunque il contributo compositivo del chitarrista è davvero notevole con ben otto composizioni su undici, occupandosi, inoltre, dell'artwork psichedelico del retro copertina. Simboli profetici (l'I Ching di Chapter 24), reminiscenze fantasy dell'hobbit tolkieniano (The Gnome), suggestioni spaziali (Astronomy Domine e Interstellar Overdrive), gatti siamesi e magia bianca (Lucifer Sam) e pretesti preadolescenziali (Bike) si collocano in un mosaico di rumori risolti nei modi più disparati. Ne risulta un progetto fantasioso e allucinato, sempre in bilico tra brani-canzonetta e improvvisazione strutturata; un lavoro decisamente sperimentale nei suoi calcolati azzardi in fase di missaggio, condotto da una vocalità ipnotica e irregolare e da arrangiamenti disorientanti.
Dopo il fiasco del tour americano dell'ottobre '67 si consumerà la tragedia umana del diamante pazzo. Barrett dal vivo era sempre più preda di una musica free-form priva di logica e imprevedibile. Se ne stava sempre in un angolo con gli occhi ruotati all'indietro, giocherellando sulla stessa nota per tutta la serata e spesso scappava via non partecipando materialmente al concerto. Parlava ormai pochissimo usando strani indovinelli e giochi di parole. Visitato dal noto psichiatra R.D. Laing fu giudicato incurabile. In studio si consumeranno infruttuose session alla ricerca di un nuovo potenziale hit (ne deriverà il flop del singolo Apples And Oranges/Paint Box). In seguito prenderanno forma una embrionale versione di Jugband Blues, e due inediti Scream Thy Last Scream e Vegetable Man, impietoso autoritratto di chi 'si sente un imbecille con i pantaloni di velluto blu e la camicia paisley'.
L'ultimo, importante concerto tenuto da Barrett - prima della sua cacciata - fu quello del 22 dicembre all'Olympia di Londra durante una manifestazione denominata Charisma On Earth Revisited. Immerso in sperimentazioni anarchiche che lo estraniavano dal resto della compagnia, il fantasma di Syd se ne restò con le braccia mollemente ciondolanti sui fianchi, mentre i Floyd procedettero faticosamente nel loro set senza la sua partecipazione attiva. Alla fine fu deciso di contattare il vecchio comune amico David Gilmour per sostenere la line-up della band e coprire le assenze fisiche e mentali di Barrett. Per pochi mesi si tentò di trasformare i Pink Floyd in un quintetto, ma alla fine si decise di allontanare il chitarrista. La rottura definitiva con Barrett, avvenuta il 2 marzo 1968 a Ladbroke Road (l'annuncio fu dato alla stampa solo il 6 aprile), sancì lo scioglimento della Blackhill Enterprises, mentre Steve O'Rourke diventò il nuovo manager.
Intanto i Floyd entrarono in piena crisi a causa del secondo e consecutivo tonfo commerciale di un loro 45 giri: questa volta si tratta di It Would Be So Nice/Julia Dream uscito nell'aprile 1968. A risollevare (parzialmente) gli umori del quartetto ci pensò il produttore cinematografico Max Steuer che li invitò alla stesura della soundtrack di The Committèe, un fantomatico film (pochissime le informazioni al riguardo) diretto da Peter Skies. La colonna sonora non venne mai pubblicata ufficialmente - la possiamo comunque ascoltare nel bootleg The Committèe And Other Stories della Funny Furm - anche se erano già pronti i numeri di catalogo del disco da immettere sul mercato. Il 29 giugno assieme a Roy Harper e ai Jethro Tull si esibiscono al free-concert di Hyde Park a Londra ottenendo ampi consensi di pubblico e di critica che elogia sperticamente il quartetto che ha trovato in Gilmour un nuovo asso nella manica. Nello stesso giorno esce A Saucerful Of Secrets registrato in più puntate presso gli EMI Studios di Abbey Road e ai Sound Techniques Studios di Chelsea. La splendida title-track è il pezzo forte dell'ellepi, una traccia che si distacca dalle altre per profondità, vastità e originalità di concezione; la sua struttura è ancora più complessa di un pezzo cardine della produzione floydiana come Interstellar Overdrive che aveva pur sempre uno svolgimento lineare, descrittivo e un preciso ritmo di base. A dicembre è nei negozi il quinto singolo Point Me At The Sky/Careful With That Axe, Eugene che ottiene ancora scarsissimi riscontri commerciali, da qui la decisione del gruppo di non realizzare più 45 giri in terra britannica: dovremo aspettare addirittura il 1979 per vedere pubblicato Another Brick In The Wall/One My Turns.
Nel 1969 i Floyd si sbizzarriscono con due interessanti suite denominate The Man e The Journey rappresentate ad aprile per la prima volta alla Royal Festival Hall. Alla fine di luglio viene edito il terzo long-playing More, colonna sonora dell'omonimo film (in Italia esce con il titolo Di più, ancora di più...) diretto da Barbet Schroeder e presentato in anteprima a maggio al Festival di Cannes. L'album è composto principalmente da ballate acustiche, a volte solcato da venature hard-rock, in altri momenti da escursioni percussive tribali. La penna di Roger Waters regala splendidi testi e suggestive immagini, permettendo all'ascoltatore di coglierne la personalità unica; la voce e la chitarra di Dave Gilmour sono qui padroni della scena, l'organo e il piano di Wright conferiscono all'intero progetto quei caratteri di oniricità che si addicono a un film sul tema della dipendenza e dell'autodistruzione; Mason e le sue pelli sono puntuali e precisi. Questi ingredienti fanno di More un lavoro molto riuscito, in cui la formazione inglese riesce a fondere le sue venature psichedeliche, mutuate dalle esperienze precedenti, con un songwriting pulito ed evocativo.
Per accontentare nel miglior modo possibile i sempre più numerosi e famelici fan, i Pink Floyd realizzano Ummagumma - pubblicato nell'ottobre 1969 - un lavoro ambizioso e sperimentale costituito da una prima parte ripresa interamente dal vivo e da una seconda registrata in studio, contenente momenti inediti composti ed eseguiti singolarmente dai quattro musicisti. Sono in molti a giudicare il doppio album il masterpiece dell'arte floydiana, un progetto rivoluzionario e quasi perfetto, sintesi del passato e prologo dell'avvenire; per altri è invece il più datato fra i lavori dei Pink Floyd: se il disco live reca una testimonianza fondamentale della grandezza e dello spessore sonoro dei concerti dell'epoca, quello inciso agli EMI Studios di Abbey Road - a parte il caso di Waters e, parzialmente, di Gilmour - rappresenta un balzo a occhi chiusi nel futuro e denota una forte tendenza al narcisismo snobistico e alla sovrabbondanza. Gli stessi componenti del gruppo non lo hanno mai particolarmente amato, e secondo Gilmour si è trattato di un semplice esperimento penalizzato da una cattiva registrazione e con le due facciate in studio 'che si potevano fare meglio'. Secondo noi in Ummagumma appare azzeccatissima la mossa di riproporre in versione dal vivo episodi strepitosi come Astronomy Domine; Careful With That Axe, Eugene; Set The Controls For The Heart Of The Sun e A Saucerful Of Secrets; rivisitazioni complete delle primitive composizioni che non presentano sostanziali differenze di arrangiamento o di esecuzione ma sono dilatate e intimamente variate. Ogni accenno sia pur remoto di orecchiabilità, di platealità, di facile ritmica è completamente soppresso. Il basso di Roger Waters, che in svariati casi aveva costituito la base su cui s'innestavano le repentine variazioni di organo e chitarra, perde ogni funzione di guida ritmica. Allo stesso modo il drumming di Nick Mason elide qualsiasi sottolineatura, ridisegnando un discorso musicale di completa autonomia, precedente e meno plateale di quello celeberrimo di Pete Giles dei King Crimson. Quanto a Richard Wright e David Gilmour colpisce in modo particolare la loro raffinatezza espressiva e l'incredibile quantità e qualità di effetti creati dal vivo! La migliore definizione per questo genere di musica è forse la più semplice mai coniata per i Pink Floyd: liquida. Ed è così - in effetti - per lo scorrere armonioso, pur se talvolta irruente dei suoni, per l'apparenza sempre uguale che cela l'intima e continua mutazione e per il concorrere di qualsiasi elemento a un risultato incredibilmente compatto e uniforme, a volte impalpabile. Meno efficace, invece, il contenuto del secondo vinile che lascia spazio a ciascun artista ma dove il risultato finale evidenzia una certa disorganicità delle singole composizioni, mettendo in risalto la maggiore vena di Waters a cui non possono, però, mancare gli interventi e i consigli dei tre compagni per completare quel trend creativo capace di creare un sound davvero inimitabile. Waters dicevamo è il più ispirato grazie alla ballata acustica Grantchester Meadows e a quel ritaglio di lucida follia che si chiama Several Species Of Small Furry Animals Gathered Together In A Cave And Grooving With A Pict; Wright è abile ma un po' ampolloso spaziando liberamente tra magnetici spunti classico-sinfonici e momenti caotici e informi (Sysyphus); Gilmour se le cava egregiamente fra raffinatezze stilistiche e riff innovativi (The Narrow Way); Mason appare troppo cerebrale ed evanescente nell'interminabile The Grand Vizier's Garden Party.
I tempi stanno cambiando, i Pink Floyd decidono di mettere da parte le influenze psichedeliche abbracciando il credo progressivo e preparandosi al meglio per affrontare il nuovo decennio, che li vedrà nuovamente sulla cresta dell'onda con dischi immortali.

Anselmo Patacchini


Pink Floyd: la discografia 1967 / 1969
Nella discografia abbiamo preso in considerazione le stampe originali inglesi a 45 e 33 giri.

Arnold Layne/Candy And A Currant Bun (Columbia DB 8156 - quotazione 1.300 Euro) Edizione promozionale del rarissimo singolo d'esordio dei Pink Floyd pubblicato il 10 marzo 1967. L'edizione ufficiale (stock copy) (Columbia DB 8156 - quotazione 120 Euro) uscita il giorno dopo, 11 marzo 1967.

See Emily Play/The Scarecrow (Columbia DB 8214 - quotazione 1.300 Euro) Edizione promozionale del secondo singolo pubblicata il 16 giugno 1967. L'edizione ufficiale (stock copy) (Columbia DB 8214 - quotazione 100 Euro) pubblicata il 17 giugno 1967. Le copie dello stesso 45 giri con il poster che avvolge il disco (promo wrapped poster cover) sono quotate 1.700 Euro.

Apples And Oranges/Paint Box (Columbia DB 8310 - quotazione 1.400 Euro) Edizione promozionale del singolo pubblicata il 17 novembre 1967. L'edizione ufficiale (stock copy) (Columbia DB 8310 - quotazione 110 Euro) pubblicata il 18 novembre 1967.

It Would Be So Nice (Columbia DB 8410 - quotazione 700 Euro) Edizione promozionale destinata al circuito radiofonico e pubblicata il 12 aprile 1968 (sulla label viene riportato 19.4.68) e incisa solo su una facciata (one-sided promo). Ricordiamo che tale versione (durata 3' 44") è accorciata rispetto all'edizione ufficiale con il refrain ripetuto tre volte (invece che sei). L'edizione ufficiale (stock copy) (Columbia DB 8410 - quotazione 170 Euro) pubblicata il 13 aprile 1968.

Point Me At The Sky/Careful With That Axe, Eugene (Columbia DB 8511 - quotazione 1.150 Euro - senza foto il valore del disco è dimezzato.) Edizione promozionale pubblicata il 6 dicembre 1968 conteneva all'interno una foto che ritrae i Pink Floyd vestiti d'aviatore. L'edizione ufficiale (stock copy) (Columbia DB 8511 - quotazione 200 Euro) pubblicata il 7 dicembre 1968.

The Piper At The Gates Of Dawn è pubblicato il 5 agosto 1967 in edizione monofonica (Columbia SX 6157 - quotazione 450 Euro) e in quella stereo (Columbia SCX 6157 - quotazione 300 Euro). L'edizione mono mostra una copertina laminata singola (laminated flipback cover) che riproduce una colorata immagine psichedelica dei quattro componenti del gruppo con la scritta Pink Floyd posta al centro. L'edizione stereo mostra identica copertina
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A Saucerful Of Secrets è pubblicato il 29 giugno 1968 sia in edizione monofonica (Columbia SX 6258 - quotazione 500 Euro) sia in stereofonia (Columbia SCX 6258 - quotazione 250 Euro). La stampa mono mostra una copertina singola che riproduce un collage fotografico realizzato dallo studio Hipgnosis. La stampa stereo mostra identica copertina.

More (Soundtrack From The Film) colonna sonora originale dell'omonimo film è pubblicata il 13 giugno 1969 solo in edizione stereofonica (Columbia SCX 6346 - quotazione 60 Euro). L'album mostra una copertina laminata singola (laminated flipback cover) che riproduce un'immagine tratta dal film.

Ummagumma (Harvest SHDW 1/2 - quotazione 50 Euro) Il doppio è pubblicato il 25 ottobre 1969. L'album presenta una caratteristica copertina apribile laminata che riproduce i quattro componenti del gruppo in vari scatti fotografici.

Interstellar Ovrdrive I Pink Floyd partecipano con tre segmenti del brano alla colonna sonora del film Tonite Let's All Make Love In London (Instant Records INLP 002 - quotazione 180 Euro) pubblicata il 19 giugno 1968.